Il Belcanto ritrovato

III Edizione
dal 16 agosto al 21 settembre 2024

IBR_2022-titolo-interviste

INTERVISTA IMMAGINARIA CON PIETRO GENERALI
(Roma 1773 – Novara 1832)

A cura di Alberto Galazzo

1827. Siamo a Novara, a Palazzo Barbavara, in Corso di Porta Sempione, dove Pietro Generali ha accettato l’incarico di Maestro di Cappella dalle mani del cardinale Giuseppe Morozzo della Rocca, arcivescovo della città piemontese e vecchio conoscente.

IBR: Maestro, ha trovato un po’ di tranquillità qui a Novara?

Generali: Di momenti “no” nella mia vita ne ho avuti a sufficienza, ma mi sono sempre rialzato con grinta e orgoglio. L’anno scorso, dopo che i Borbone mi hanno esiliato per sempre dal Regno delle Due Sicilie, sequestrando tutti i miei beni, partiture e fortepiano compresi, il cardinale Giuseppe Morozzo della Rocca mi ha accolto fraternamente. Era amico di monsignor Bartolomeo Lopez. È vero che ero Gran Maestro di una loggia massonica, ma la polizia ha esagerato nell’interpretare gli ordini di Ferdinando II per sbaragliare i Carbonari. Massoneria e Carboneria, nel dubbio, hanno avuto lo stesso trattamento.
In realtà ora sono pieno di affari “Ecclesiastici”, ma cerco di trovare il tempo per comporre. Per esempio, ora ho per le mani la Francesca di Rimini per l’inaugurazione dei restauri del Teatro La Fenice a Venezia, e poi si vedrà.

IBR: Poiché ne ha parlato, che ruolo ha avuto mons. Lopez nella sua vita?

Generali: Quando mio padre, Francesco Mercandetti Generali, si è trasferito a Roma, ha rinunciato al primo cognome e dopo il matrimonio è stato assunto come cocchiere dai Marchesi del Bufalo. Mons. Lopez abitava sopra di noi quando ero bambino, a Roma nella dépendance del Palazzo marchionale.
È stato lui, d’accordo con il marchese Paolo del Bufalo, a mandarmi alla Cappella Liberiana di S. Maria Maggiore per imparare il canto. Avevo una bella voce che ho sfruttato per vent’anni sia in chiesa che in teatro. Questa cosa dei vent’anni di canto non l’ho mai raccontata a nessuno: quando ho cominciato a comporre l’ho messa da parte. Anzi quando nel 1811 ho scritto a Mayr, gli ho dichiarato una decina d’anni d’età in meno, perché non volevo che mi chiedesse cosa avessi fatto prima del 1800, anno del mio esordio come compositore di teatro.
Ma l’esperienza m’è rimasta. Un mio allievo di canto, il Cavalier di Ferrer, mi ha giudicato così: “La sua severità non faceva quartiere ad alcuno; mi trattava con durezza, e spesso ripeteva ‘Signor mio è passata l’epoca in cui i cantanti dettavano leggi ai Maestri: oggi giorno i gattini hanno aperto gli occhi e bisogna correre lungo tempo prima di poter eseguire bene quello che trovasi scritto’”.

IBR: E dopo l’anno 1800?

Generali: Mi sono sposato, ho avuto una figlia che è morta a tre anni, ho vissuto formalmente in casa della moglie e dei suoceri fino al 1811 quando la situazione è diventata intollerabile per tutti. Ma avevo cominciato fin dal 1803 a fare la tipica vita del musicista partendo da Bologna. L’anno dopo a Venezia ho avuto i primi grandi successi, soprattutto con Pamela Nubile, che è andata in scena anche a Vienna. Ne esiste persino una versione in tedesco.

IBR: In seguito quali altri grandi teatri ha frequentato?

Generali: Ho fatto la spola tra Venezia e Milano. Alla Scala di Milano la mia Chi non risica non rosica ha avuto ben 39 repliche consecutive. Negli stessi anni a Venezia ho messo in scena le farse Adelina, che ha avuto un successo incredibile in tutto il mondo, e Cecchina suonatrice di ghironda. Nella stessa stagione veneziana ho assistito all’esordio del giovane Gioachino Rossini con la Cambiale di matrimonio. E poi vennero Napoli e i tre teatri di Torino, sono stato direttore del Liceu di Barcellona, poi tornai di nuovo a Napoli quando Rossini era direttore dei teatri.
Mi piace ricordare il 1816, un anno di successo: Trieste e Venezia, I Baccanali di Roma. Questo melodramma eroico ha fatto anch’esso il giro del mondo, un po’ meno di Adelina perché l’allestimento è più complesso. Il pubblico di lingua tedesca ne va matto: Bonn, Colonia, Darmstadt, Dresda, Francoforte, Innsbruck, Kassel, Monaco, Vienna (tanto che ne esiste una versione in tedesco: Die Bachanten), … ma anche nel resto del mondo, da Budapest a Città del Messico, è stato ben accolto.
Per finire: Palermo, direttore del Carolino. Per sei mesi nel 1826 mi sono assentato e mi ha sostituito Gaetano Donizetti. Ma poi mi sono ripreso il mio posto … fino all’esilio. L’assenza era dovuta alla mia irrequietezza: non ho mai detto ad alcuno cosa ho fatto o dove sono stato in quei sei mesi. Proprio l’altro giorno ho scritto a Giovanni Ricordi, che voleva un mio ritratto e ho ammesso le mie bizzarrie. Ho qui la minuta: “Sarà meglio che tù mi facci ritrarre da quello delle tavole, un poco più ridente… più tondo… più gajo… perché tù sai che io sono matto”.

IBR: Dal momento che ha parlato di Rossini, qual era il suo rapporto con il Pesarese?

Generali: Non abbiamo mai fatto trasparire più di tanto i sentimenti reciproci. Il rapporto tra me e Rossini rimane tra me e Rossini. Stima? Sicuramente. Rivalità? Ma anche, naturalmente! E considerazione reciproca. Rossini ha inserito, da maestro al cembalo, mie arie in rappresentazioni traballanti per “tirarle su”. Mi ricordo il mio Duetto Se ti guardo o mia ragazza finito nel Marc’Antonio di Pavesi per opera sua. E io ho fatto altrettanto. Lui ha programmato per il San Carlo lavori miei. E io ho fatto altrettanto, da direttore a Barcellona e poi a Palermo. D’altro canto, entrambi eravamo amati dal pubblico.

IBR: E quindi il “crescendo”?

Generali: Un dizionario uscito in questi giorni scrive: “Crescendo s. m. indeclinabile. Quelle note musicali di cui si attribuisce l’invenzione al maestro Generali de’ nostri giorni”. Grazie all’autore, ma non è proprio così. Per argomentare potrei risalire a Jommelli o al maestro del mio maestro, Francesco Durante. In realtà: ho ascoltato a Roma le opere dei fratelli Mosca, Giuseppe e Luigi, nel 1799 e nel 1801, e siamo diventati amici. Ho capito subito che questo nuovo meccanismo, che soprattutto Giuseppe utilizzava, piaceva al pubblico tant’è che nell’aria di guerra del mio Duca Nottolone del 1802 mi ci sono cimentato. Da allora l’ho utilizzato quasi sempre (perché da un certo punto in poi non se ne poteva fare a meno) e l’ho migliorato, esagerando a volte: Nei Baccanali, per esempio, ho fatto precedere il primo tema dell’Allegro con brio della Sinfonia da quattordici misure di crescendo. Bell’effetto, ma come ho scritto a Ricordi, “sono matto”. Ora che sto scrivendo la Francesca di Rimini per La Fenice, ho in mente di inserire un paio di crescendo, ma molto contenuti, quasi un ritorno ai primi tempi; e me lo sento: al pubblico e alla critica non piaceranno.
Da un eccesso all’altro. In verità mi piacciono i chiaroscuri. Infatti, un altro effetto che fa alzare tutti in piedi è quello che ho cominciato a mettere nella Calzolaja del 1804: due crome dei clarinetti sottovoce, separate da due piccole pause e poi il fortissimo assai a piena orchestra.

IBR: E quindi, insisto, il “crescendo rossiniano”?

Generali: Rossini, che sicuramente l’aveva ascoltato (anche nella mia Adelina a Venezia), ci ha lavorato su portandolo ai limiti della creatività e della perfezione. Io ho utilizzato la stessa sua articolazione, persino un po’ più complessa, nella sinfonia del Medico Ciabattino nel 1812. Bravissimo lui: ma come non l’ho inventato io, non l’ha fatto nemmeno Rossini: Abbiamo lavorato creativamente sulle intuizioni che sono arrivate da lontano. E chi è bravo, e più giovane, ha dato il meglio. Come è giusto che sia.
Continuo a non capire, quindi, perché Giuseppe Mosca nel 1812 abbia messo a rumore tutta Milano distribuendo numerosissimi esemplari di un suo pezzo con l’accusa fatta a Rossini di aver trovato l’idea del crescendo per la sua Pietra di paragone nei suoi Pretendenti delusi. Rossini non ha copiato, è andato avanti con la storia. E l’opinione pubblica che fece? Non diede ragione a nessuno dei due, ma invece mi tirò in ballo indicandomi come l’inventore del crescendo. Come già detto, non è così, e da questa vicenda mi sono defilato senza una parola. Tra i due litiganti … il terzo è meglio che se ne stia zitto.
IBR: A proposito di Venezia 1810, ci può spiegare in breve il soggetto della sua farsa “Cecchina suonatrice di ghironda”?
Generali: Siamo a Parigi, città di tradizionale migrazione dei ghirondisti savoiardi che si guadagnavano da vivere suonando in strada, o anche peggio. Qui si è trasferita anche Cecchina, anch’essa ghirondista savoiarda. Si innamora del nipote del Duca di Rosmond, Enrico. Il Duca non ha molta stima e considerazione della musicista che, a parer suo, è “seduttrice dell’inesperta gioventù”. Dopo svariate peripezie Cecchina dimostra la propria sincerità e onestà e si può quindi unire a Enrico.
Con l’amore e le intromissioni di padri e zii mi ero appena cimentato con Adelina. In Cecchina i ruoli sono invertiti: E questo mi intrigò. In Adelina il seduttore era un uomo, Erneville; in Cecchina una donna, di là c’era un padre burbero, di qua uno zio diffidente. A proposito di Adelina e di seduzioni. I veneziani erano di più larghe vedute rispetto ai milanesi. Infatti, se a Venezia si trattava di una figlia illegittima nata fuori dal matrimonio, a Milano la figlia divenne il frutto di un matrimonio segreto. Un po’ di lavoro in più per Gaetano Rossi e per me.

IBR: Come le venne l’idea di mettere in musica il libretto di Cecchina?

Generali: Fu Gaetano Rossi a sottopormi il libretto che aveva tratto da Fanchon la vielleuse. Avevo già lavorato con lui alla Scala nel 1805 e ora mi proponeva Adelina e Cecchina. Curiosamente entrambe erano ambientate tra le montagne, svizzere la prima, savoiarde la seconda. Ma se la trama della prima era tutta imperniata sui caratteri dei protagonisti (e su questi ho lavorato), la seconda si presentava con un’ulteriore doppia sfida, da un lato la ghironda, dall’altro la natura. Certo, anche i caratteri e i richiami al folclore savoiardo. Ma tradurre in musica la natura mi affascinò: il panorama, il tuono, il lampo, il “fragor d’acque cadenti”. Qualcosa del genere l’avevo già fatto, ma qui mi sono proprio divertito, tant’è che in alcuni dei miei lavori seguenti ho fatto buon tesoro dell’esperienza.
L’altra sfida: dove trovare una ghironda? Con tutta la stima per la ghironda, la cosa non mi convinceva. Quindi pensai di trasformare con le note e con artifici tutta l’orchestra in una ghironda. Come mia abitudine da sempre, lasciai sulla partitura una serie infinita di annotazioni, per il capo d’orchestra, per i musicisti e per i cantanti – per questi ultimi riportando i gesti indicati da Gaetano Rossi sul libretto, ma posizionandoli esattamente sotto le note appropriate… e mettendoci del mio. Una cosa complicata, ma ero là per le prove.

IBR: Quando esordì Cecchina quali altre opere erano in cartellone a Venezia?

Generali: Oltre alla mia Adelina cui ho già accennato e alla Cambiale di matrimonio di Rossini che ottenne successo, ricordo che vi furono Il Medico ad arte di Raffaele Orgitano che venne accolta freddamente dal pubblico, e ancor più freddamente fu accolto Il Prigioniere di Luigi Calegari.
La Cecchina suonatrice di ghironda invece fu accostata a L’Ajo in imbarazzo di Emanuele Guarnaccia e a La Burla fortunata di Giovanni Ayblingher: due farse senza storia. E ancora, ma non a ridosso delle mie farse, Una fatale supposizione di Carlo Coccia e Non precipitar i giudizi di Giuseppe Farinelli.
Rossini decollò con cinque opere in tre anni per il San Moisè: oltre alla Cambiale di matrimonio, L’inganno felice, La scala di seta, L’occasione fa il ladro, Il signor Bruschino. Negli stessi anni e nello stesso teatro a me toccarono La Sciocca per gli altri e l’accorta per sé e Isabella, ossia Il più meritato compenso.

IBR: Quale fu la reazione del pubblico e della critica verso Cecchina?

Generali: I critici non tributarono a Cecchina le stesse lodi riservate ad Adelina, ma fu trovato buono il libro di Rossi e buonissima la musica. Il pubblico invece apprezzò tutta la farsa e sottolineò con grandi applausi il proprio gradimento soprattutto per il Quartetto in cui l’orchestra imita il “frizzio” della ghironda. Ha perfino perdonato alla Marianna Borroni di essersi fatta prendere da timor panico la prima sera, mentre il buffo De Grecis lo ha entusiasmato particolarmente nella sua Aria che ha dovuto replicare. Ne sono soddisfatto. Negli anni successivi ho cercato di farla rappresentare di nuovo, ma solo quando potevo prepararla personalmente. Secondo voi, il capo d’orchestra sarebbe riuscito a ricreare il Quartetto così come l’avevo concepito?

IBR: Ora le diamo una notizia che la renderà veramente felice! In agosto riporteremo in scena al Teatro Rossini di Pesaro la sua Cecchina in occasione dell’apertura della prima edizione del nuovo Festival “Il Belcanto ritrovato”.
Non solo, ma abbiamo scelto proprio lei come compositore principale di questa prima edizione del festival, o come si dice ai giorni nostri come “main composer”. Abbiamo infatti in programma nei concerti che seguiranno altri brani tratti da ben sette delle sue opere più note: Pamela Nubile, L’idolo cinese, Adelina, La vedova delirante, La testa meravigliosa, Elena e Olfredo e Il Romito di Provenza. Cecchina sarà anche preceduta da una, conferenza tenuta dal Prof. Alberto Galazzo, che conosce Lei come nessun’altro al mondo, avendo dedicato quarant’anni a studiare la sua vita e le sue opere.

Grazie ancora per il tempo che ci ha dedicato e buona giornata.

 

IMAGINARY INTERVIEW WITH PIETRO GENERALI
(Rome 1773 – Novara 1832)

Edited by Alberto Galazzo*

 

1827. We are here in Novara, at Palazzo Barbavara, in Corso di Porta Sempione, where Pietro Generali has accepted the post of Maestro di Cappella from Cardinale Giuseppe Morozzo della Rocca, the archbishop of the Piedmontese city and an old acquaintance of his.

IBR: Maestro, have you found some peace here in Novara?

Generali: I’ve had enough “no” moments in my life, but I’ve always picked myself up with grit and pride. Last year, after the Bourbons exiled me forever from the Kingdom of the Two Sicilies, confiscating all my possessions – including my scores and my fortepiano – Cardinale Giuseppe Morozzo della Rocca welcomed me here. He was a friend of Monsignor Bartolomeo Lopez. It is true that I was Grand Master of a Masonic Lodge, but the police went too far in interpreting Ferdinand II’s orders to defeat the Carbonari. When in doubt, Freemasonry and Carbonari got the same treatment.
Actually, I am now full of “ecclesiastical” duties, but I still try to find time to compose. For example, I now have here in my hands the Francesca di Rimini for the inauguration of the restoration of La Fenice Theater in Venice, and then we will see.

IBR: Since you mentioned it, what role did Monsignor Lopez play in your life?

Generali: When my father, Francesco Mercandetti Generali, moved to Rome, he gave up his first surname and was hired as a coachman by the Marchesi del Bufalo after he got married. Monsignor Lopez lived above us when I was a child, in the outhouse of the Marquis’ Palace in Rome.
It was he, in agreement with Marquis Paolo del Bufalo, who sent me to the Liberian Chapel of S. Maria Maggiore to learn singing. I had a beautiful voice that I exploited for twenty years both in church and theater. I never told anyone about my twenty years of singing: when I began composing, I put them aside. In fact, when I wrote to Mayr in 1811, I told him I was ten years younger, because I didn’t want him to ask me what I had done before 1800, the year of my debut as a theater composer.
But the experience stayed with me. A singing pupil of mine, the Cavalier de Ferrer, judged me as follows: “His severity did not spare anyone; he treated me harshly, and often repeated, ‘Dear sir, the time has passed when singers dictated laws to masters: nowadays kittens have opened their eyes and you have to run a long time before you can perform well what is written’”.

IBR: And after 1800?

Generali: I got married, had a daughter who died at the age of three. I lived formally in the house of my wife and in-laws until 1811 when the situation became intolerable for everyone.
But I actually started in 1803 to lead the typical life of a musician, starting from Bologna. In Venice, in the following year, I had my first great success, especially with Pamela Nubile, which was also staged in Vienna. There is even a German version of it.

IBR: What other great theaters did you attend afterwards?

Generali: I went back and forth between Venice and Milan. At La Scala in Milan my Chi non risica non rosica had no less than 39 consecutive performances. In the same years, in Venice, I staged the farces Adelina, which was an incredible success all over the world, and Cecchina suonatrice di ghironda. In the same Venetian season, I witnessed the debut of the young Gioachino Rossini with La Cambiale di matrimonio. And then came Naples, the three theaters in Turin, I have been director of the Liceu in Barcelona, then I went to Naples again when Rossini was director of the theatres.
I like to remember the successful year 1816: Trieste and Venice, I Baccanali di Roma. This heroic melodrama has also toured the world, a little less than Adelina because the staging is more complex. German-speaking audiences are crazy about it: Bonn, Cologne, Darmstadt, Dresden, Frankfurt, Innsbruck, Kassel, Munich, Vienna (so much so that there is a German version: Die Bachanten)… but also in the rest of the world, from Budapest to Mexico City, it was well received.
Finally: I reached Palermo, as director of the Carolino Theater. I left for just for six months in 1826 and Gaetano Donizetti replaced me. But then I gained my place again… until I was exiled.
My absence was due to my restlessness: I never told anyone what I did or where I was during those six months. Just the other day I wrote to Giovanni Ricordi, who wanted a portrait of me, and I admitted my oddities. I have the draft here: “It will be better if you let me portray a little more laughing… more rounded and happier… because you know that I am mad”.

IBR: Since you mentioned Rossini, what was your relationship with the Pesarese?

Generali: We never made our feelings for each other too transparent. The relationship remains between Rossini and me. Esteem? Definitely. Rivalry? As well, of course! And mutual consideration.
As harpsichord maestro, Rossini included my arias in weak performances to “cheer them up”. I remember my Duetto “Se ti guardo o mia ragazza” ending up in Pavesi’s Marc’Antonio because of him. And I did the same. He put my works for the San Carlo on the billboard. And I did the same, as conductor in Barcelona and then in Palermo. On the other hand, we were both loved by the public.

IBR: And what’s about the “Crescendo”?

Generali: A dictionary published these days reads: “Crescendo. Those musical notes whose invention is attributed to Maestro Generali”. Thanks to the author, but that’s not quite right. To be correct, I could go back to Jommelli or to my master’s teacher, Francesco Durante. Actually: I listened to the works of the Mosca brothers, Giuseppe and Luigi, in Rome in 1799 and 1801, and we became friends. I immediately realized that the audience really loved this new mechanism, that Giuseppe in particular used. So, in the war aria of my Duca Nottolone of 1802 I tried it. Since then, I have used it almost continuously (because from a certain point onwards you could not work without it) and improved it, sometimes even overdoing it. In the Baccanali, for example, I had the first theme of the Allegro con brio of the Sinfonia preceded by fourteen measures of crescendo. Nice effect, but as I wrote to Ricordi, “I am crazy”. Now that I am writing the Francesca di Rimini for La Fenice in Venice, I have in mind to insert a couple of crescendos, but they are very restrained – almost a return to the early days. And I can feel it: the public and the critics won’t like them.

From one excess to another. To be honest, I like Chiaroscuro. In fact, another effect that makes everyone stand up is the one I started to put in the Calzolaja of 1804: two soft clarinet quavers separated by two small pauses and then the fortissimo assai at full orchestra.

IBR: And so, again, what’s about the he “Rossinian crescendo”?

Generali: Rossini, who had certainly heard it – also in my Adelina in Venice – worked on it, taking it to the limits of creativity and perfection. I used his same articulation, even a little more complex one, in the symphony of Il Medico Ciabattino in 1812. He was very good at it. But just as I did not invent it, neither did Rossini: we worked creatively on intuitions that came from afar. And those who are good, and younger, gave their best. As it should be.
I still don’t understand, therefore, why in 1812 Giuseppe Mosca distributed throughout Milan numerous copies of one of his pieces, accusing Rossini of having found the idea in his I pretendenti delusi and having used it for his Pietra di paragone. Rossini had not copied, he went ahead with the story. And what did the public opinion do? It did not agree with either of them but instead pulled me up by pointing to me as the inventor of the Crescendo. As I have already said, this is not the case and I stood away from this controversy without saying a word. Between the two disputants… the third had better shut up.

IBR: Talking about Venice and 1810, can you briefly explain the subject of your farce “Cecchina suonatrice di ghironda”?

Generali: We are in Paris, the city of traditional migration of Savoyard hurdy-gurdy players who earned their living playing in the streets, or even worse. Cecchina, also a Savoyard hurdy-gurdy player, has also moved here. She falls in love with the Duke of Rosmond’s nephew, Enrico. The Duke has little esteem or consideration for the musician, who is a “seductress of inexperienced youth”, in his opinion. After several vicissitudes, Cecchina proves her sincerity and honesty and is thus able to marry Enrico.
I had just tried my hand at Adelina with respect to the topics of love and the meddling of fathers and uncles. In Cecchina the roles are reversed: and this intrigued me. In Adelina the seducer was a man, Erneville; in Cecchina a woman. On one side, there was a gruff father, on the other side, a distrustful uncle. As we are talking about Adelina and seductions: Venetians were more open-minded than Milanese. In fact, if in Venice it was an illegitimate daughter born out of wedlock, in Milan the daughter became the fruit of a secret marriage. A little more work for Gaetano Rossi and myself.

IBR: How did you get the idea to set the libretto of Cecchina to music?

Generali: It was Gaetano Rossi who submitted to me the libretto he had taken from Fanchon la vielleuse. I had already worked with him at La Scala in 1805 and now he proposed Adelina and Cecchina. Curiously, both were set in the mountains – the former in the Swiss mountains, the latter in the Savoyard mountains. But if the plot of the first was all about the characters of the protagonists (and I worked on these), the second one presented a further twofold challenge. On the one hand, the hurdy-gurdy, on the other hand, the role of nature. Of course, there were also characters and references to Savoy folklore. But translating nature into music fascinated me: the panorama, the thunder, the lightning, the “roar of falling waters”. I had already done something like that, but here I really enjoyed it, so that in some of my later works I have made good use of this experience.
The other challenge was about where to find a hurdy-gurdy? With all due respect to the hurdy-gurdy, I was not convinced. So, I thought of turning the whole orchestra into a hurdy-gurdy with notes and artifice. As has always been my habit, I left an endless series of annotations on the score, for the conductor, for the musicians, and for the singers – for the latter carrying over the gestures indicated by Gaetano Rossi on the libretto but placing them exactly under the appropriate notes… and putting my own spin on it. A complicated thing, but I was there for the rehearsals.

IBR: When Cecchina debuted, what other operas were staged in Venice?

Generali: In addition to my Adelina, which I already mentioned, and Rossini’s La Cambiale di matrimonio, which was a success, I remember that there was Raffaele Orgitano’s Il Medico ad arte, which was coldly received by the public, and Luigi Calegari’s Il Prigioniere that was even less appreciated.
Cecchina suonatrice di ghironda, on the other hand, was juxtaposed with L’Ajo in imbarazzo by Emanuele Guarnaccia and La Burla fortunata by Giovanni Ayblingher, two farces without a story. And again, but not close to my farces in terms of timing, there were Una fatale supposizione by Carlo Coccia and Non precipitar i giudizi by Giuseppe Farinelli.
Rossini took off with five operas in three years for the San Moisè: in addition to the Cambiale di matrimonio, there were L’inganno felice, La scala di seta, L’occasione fa il ladro, Il signor Bruschino.In the same years and in the same theater I gave La Sciocca per gli altri e l’accorta per sé and Isabella o Il più meritato compenso.

IBR: What was the reaction of the public and critics towards Cecchina?

Generali: Critics did not praise Cecchina as they did on Adelina, but they found Rossi’s libretto good and the music very good. The public appreciated the whole opera and particularly the Quartet in which the orchestra imitates the sound of the ghironda. It even forgave Marianna Borroni for having panicked on the first evening, while the buffo De Grecis delighted particularly in his Aria, which he had to repeat. I was satisfied with that. In subsequent years, I tried to have it performed again, but only when I could prepare it myself. In your opinion, would the conductor have been able to recreate the Quartet as I had conceived it?

IBR: Now we give you news that will make you truly happy! In August 2022 we will be staging your Cecchina again at the Teatro Rossini in Pesaro for the opening of the first edition of our new Festival “Il Belcanto ritrovato.”
And there is more: we have chosen you as the “main composer” of this first edition of the festival. In fact, we have scheduled also other concerts that will present excerpts taken from seven of your best known works: Pamela Nubile, L’idolo cinese, Adelina, La vedova delirante, La testa meravigliosa, Elena e Olfredo and Il Romito di Provenza. Cecchina will also be preceded by a lecture given by Prof. Alberto Galazzo, who knows you like no one else in the world, having spent 40 years studying your life and work.

Thank you again for your time and have very a good day.

*Alberto Galazzo, after his musical and musicological studies has published numerous essays including Contributions to the Bibliography of Pietro Generali (1981); La scuola organaria piemontese (1990); Tra I barbassori e gli azzimati, Pietro Mercandetti Generali, vita e opere (2009). He edited and brought to stage Adelina of Pietro Generali (Biella 2015).

Pietro Generali